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A che gioco giochiamo?

A che gioco giochiamo?

In questo articolo non vi proporrò dei giochini per ammazzare il tempo, né tantomeno mi soffermerò a raccontarvi quali siano i giochi preferiti dai bambini oggi, rispetto al passato. Nulla di tutto ciò!

Qual è stato l’ultimo argomento da me trattato nello scorso articolo? Ricordate? Siete stati attenti lettori?

Lei signore, sì, sì, proprio lei in tuta e scarpe da ginnastica, non si ricorda, vero?

E lei signora, sì, lei che generalmente aspetta che scenda la pace in casa per poi godersi un po’ di relax… ha letto il mio ultimo articolo?

Beh, forse sto diventando un po’ troppo inquisitoria, ma il desiderio di interagire con voi evidentemente è così forte da spingermi ad un immaginario dialogo, e poi… lasciatemi divertire un po’!

Per quelli di voi che hanno avuto la possibilità di leggere l’articolo scorso, non sarà difficile riportare alla memoria che i giochi psicologici rappresentano una delle modalità di strutturare il tempo e che non hanno nulla in comune con il gioco inteso come divertimento.

Facciamo ora un passo avanti e vediamo di scoprire quale sia la loro utilità ed in maniera più specifica quali siano.

Il bisogno di essere riconosciuti per quello che siamo e per ciò che facciamo è molto forte in tutti noi esseri umani ed i contatti interpersonali ci garantiscono una certa dose di rifornimento di riconoscimenti. Ne abbiamo talmente bisogno che, in certi momenti, possiamo accontentarci anche dei cosiddetti “riconoscimenti” negativi (come disapprovazioni palesi o mascherate, contatti formali e stereotipati, mistificazioni di autenticità). Ricercare ed accettare riconoscimenti negativi è tanto dannoso quanto inconsapevole ed alla lunga mina il nostro benessere psicologico e la sanità dei rapporti con i nostri simili.

Eric Berne (il fondatore dell’Analisi Transazionale) definisce il gioco psicologico come una serie continua di transazioni (scambi relazionali) di un certo tipo, che progrediscono verso una conclusione prevedibile ben definita.

Questa conclusione prevedibile è il tornaconto che è caratterizzato da un sentimento spiacevole.

Possiamo avere il senso di aver intrapreso un gioco con un’altra persona quando, chiudendo un discorso, ci sentiamo un certo amaro in boccae ci accorgiamo della presenza di un clima emotivo teso, ostile, triste o comunque spiacevole.

Fondamentalmente tre sono le posizioni da cui si parte quando ci relazioniamo con giochi psicologici: quella di Persecutore, quella di Salvatore o quella di Vittima.

Ogni giocatore conosce tutte e tre le posizioni e può passare dall’una all’altra, nel gioco. Molti giocatori, comunque, presentano una posizione preferenziale in cui passano la maggior parte del tempo.

Esempi di giochi tipici che si riferiscono alle tre posizioni suddette sono: per la posizione del Persecutore il <<Ti ho beccato, figlio di puttana>> ed il <<Difetto>>; per la posizione del Salvatore  <<Sto solo cercando di aiutarti>> ed il <<Che cosa faresti senza di me?>>; per la posizione di Vittima il <<Prendetemi a calci>> ed il <<Povero me>>.

Perché si possa parlare di gioco, una transazione deve presentare un doppio livello: un livello sociale manifesto , esplicito ed un livello psicologico nascosto, implicito.

Prendiamo come esempio le prime battute con cui ho aperto questo articolo e precisamente quando, immaginando di avere la presenza visibile di alcuni interlocutori, ho incominciato a chiedere informazioni su quanto detto lo scorso mese, rispetto al contenuto del mio precedente articolo.

Sono individuabili due livelli di comunicazione. Uno è di tipo sociale manifesto ed è quello che palesemente si nota, in cui io, facendo domande, chiedo informazioni; l’altro è di tipo psicologico, nascosto, che immediatamente non si coglie, ma che si fa sentire al livello di stato d’animo.

Ecco allora che il mio obiettivo manifesto di prendere informazioni nasconde il bisogno di cogliere in difetto (Persecutore) il mio interlocutore, tanto da indurlo a sentirsi in colpa o, continuando a far uso di immaginazione, suscitargli uno stato di inferiorità e disagio (Vittima).

Quanto detto ora può essere esplicativo del gioco tipico del Persecutore: <<Ti ho beccato figlio di…>>.

Quante volte ci saremo trovati nella condizione di dare suggerimenti? E magari sperimentare un senso di impotenza o rabbia davanti ai continui ed ostinati rifiuti da parte del nostro interlocutore ad accettare i nostri consigli? Bene, in questo caso siamo partiti dalla posizione del Salvatore col gioco <<Sto solo cercando di aiutarti>> ed è probabile che, stanchi ed arrabbiati, siamo passati nella posizione di Persecutore o in quella di Vittima, provando sentimenti di scoraggiamento e tristezza.

Altro gioco tipico del Salvatore è: <<Cosa faresti senza di me?>>, giocato con un individuo che si trova in una posizione di Vittima e che si coglie bisognoso di aiuto ed incapace di trovare soluzioni al suo problema.

Immaginiamo di assistere ad un’ipotetica conversazione fra due individui che chiameremo rispettivamente il Bianco ed il Nero.

Bianco: <<Pensi di aver ancora bisogno di me per questo lavoro? (messaggio sociale manifesto).

Nero: <<Sì, ho bisogno di tutto l’aiuto possibile>> (messaggio sociale manifesto).

I messaggi psicologici nascosti sono i seguenti: Bianco <<Che cosa faresti senza di me?>>; Nero <<Povero me, non riesco proprio a farcela da solo>>.

Questi sono solo alcuni degli svariati giochiche si possono riscontrare e sperimentare nella quotidianità. Esistono infattigiochi tipicamente coniugali (come, ad esempio: <<Tutta colpa tua>> e <<L’occupatissima>>), di società (<<Non è terribile?>>e <<Perché non… sì, ma…>>), sessuali (come <<Violenza carnale>> e <<Burrasca>>) e della malavita (<<Guardie e ladri>>).

I giochi sono compresi fra passatempi ed intimità. I passatempi alla lunga possono annoiare; l’intimità presenta un certo margine di rischio, perché ci espone agli altri, rendendoci vulnerabili.

Perciò, per evitare la noia dei passatempi senza esporsi ai pericoli dell’intimità, la maggioranza degli individui si dedica ai giochiriempiendo con essi gran parte delle ore più interessanti dedicate alle relazioni sociali.

Se è vero, come dicevamo all’inizio, che il nostro bisogno, la nostra famedi riconoscimenti è talmente forte da renderci disposti ad accettare anche quelli negativi ed indurci a giochi inconsapevoli, pur di sentire che esistiamo, rendiamoci conto di quanto sia importante e vitale la realizzazione di un’autostima positiva. Solo se impareremo a volerci bene riusciremo a non farci svalutare e a non sminuire il valore dell’altro.

In tal modo acquisiremo sempre più la capacità di riconoscere in tempo utile i giochi, ad uscirne il prima possibile, a rifiutare di giocarli, avviandoci lentamente, ma con decisione, verso l’intimità.

Dott.ssa Laura Bonanni
Psicologa Psicoterapeuta a Roma (RM)


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Dott.ssa Laura Bonanni

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