Dopo aver letto un articolo in merito a un recente episodio di aggressione ad una persona con disabilità, avvenuto a Sanremo ( purtroppo non è l’unico), ho pensato di scrivere e condividere queste riflessioni, forse banali e scontate? Ripetere…., giova.
Accettarsi con limiti e varie, non è né scontato, né semplice. Quando ci vengono riconosciute qualità, capacità e risorse, tutto fila liscio.
Si sa, tuttavia, ma è bene ricordarcelo che siamo umani e il limite “ ci sta’ ”!
Siccome viviamo avvolti e “travolti” dalle relazioni, facciamo costantemente i conti con i limiti ( non solo le risorse) altrui e questo è un bell’impegno da affrontare e gestire !
Nella misura in cui prendiamo consapevolezza di noi, nella globalità del nostro essere, impareremo ad affrontare e gestire i nostri limiti, le nostre criticità, le fragilità e ciò che queste comportano nella gestione della nostra quotidianità, nelle nostre relazioni.
Più lucida e realistica sarà l’immagine che abbiamo di noi stessi, più saremo capaci nel “ destreggiarci” con i limiti e le fragilità degli altri.
Che definizione si potrebbe dare al termine “fragilità”?
La fragilità è qualcosa, una condizione, uno stato, visibile ,o non immediatamente tale, per cui abbiamo bisogno di spazi, modi, tempi, che divergono dalla norma comune .
Limiti, fragilità oggettive, visibili sono rappresentate ad esempio da handicap fisici ( i più disparati), da modalità comunicative, ad esempio parlare molto ( logorroicità) o parlare molto poco
( timidezza esasperata).
Limiti, criticità, fragilità, non immediatamente visibili, ma riferite, sono rappresentate da tutti quei pensieri, quelle convinzioni, quelle “posture” interne che, come le radici di un albero bello e rigoglioso, non si vedono e che comunque danno linfa al tronco e ai rami, consentendo al fogliame e ai frutti di crescere. Si potrebbe dire cosi, per semplificare: “dimmi cosa pensi e ti dirò come vivi”!
Accettarsi, rispettarsi, lavorare su se stessi, gestire i propri handicap, limiti più o meno “importanti”, non è scontato e, ribadisco, non è cosa semplice.
Più impareremo a “stare con noi”, con tutto “il pacchetto”, più saremo capaci di stare con tutto o parte del “pacchetto” altrui.
Tutto ciò richiede una certa forma di cultura, di educazione.
Bisogna iniziare da piccoli, dalla scuola, in modo tale da acquisire una forma mentis, come si suol dire.
E per gli adulti? Non è mai troppo tardi! Come diceva il grande Maestro Manzi, che negli anni sessanta, con una serie di trasmissioni televisive ha messo nelle condizioni tanti italiani analfabeti di leggere e scrivere.
Oggi abbiamo bisogno di una nuova alfabetizzazione: quella della consapevolezza della “non perfezione”, dell’inestetismo, dell’accoglierci e accogliere. L’alfabetizzazione delle emozioni e dei sentimenti, delle normali e umane diversità.
E se ci rendiamo conto di avere difficoltà, possiamo e in certi casi, dobbiamo chiedere aiuto.
Chiedere non è indice di fragilità, di minorazione, di stupidità, anzi tutt’altro. Vuol dire che già “abbiamo messo un piede in acqua”, cioè cominciamo ad accoglierci nella realtà di ciò che siamo.
Vergognarsi di chiedere, avere paura delle critiche di chi sa quali altri…., sono messaggi che vanno combattuti e non accolti, perché sono come le Sirene di Ulisse: legano, intrappolano, bloccano e fanno il gioco di chi ci vorrebbe vittime da gestire e tenere down.
Coraggio, dunque e tanta , tanta pazienza e volontà. Il resto è e sarà tutta vita da gustare.
Dott.ssa Laura Bonanni
Psicologa Psicoterapeuta a Roma (RM)

Psicologa Psicoterapeuta
Partita IVA 09414350588
Iscritto all'Ordine ordine degli Psicologi del Lazio n° 3337 - data iscrizione (25/11/1993)