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Non ammazzare il tempo, strutturalo

Non ammazzare il tempo, strutturalo

Ognuno di noi ha bisogno di strutturare il proprio tempo per evitare di cadere nella noia.

Questo bisogno è detto: fame di struttura.

La fame di struttura può essere considerata in continuità con la fame di stimoli, dato che il bisogno di stimoli richiede la capacità e l’esigenza di entrare in relazione con gli altri, strutturando così il nostro tempo.

Esistono modalità diverse di strutturare il tempo e tutti noi, nel corso della giornata, le alterniamo, soffermandoci a volte più su una, a volte più su un’altra.

Ciascuno di questi modi comporta un certo “rischio emotivo”, che può andare da un minimo ad un massimo. In ciascuna di queste modalità possiamo cioè essere più o meno coinvolti in un processo relazionale con gli altri, che, in certi casi, ci porta a condividere emozioni, sentimenti e idee e a rivelarci per quello che realmente siamo.

La prima modalità, che richiede un coinvolgimento emotivo molto ridotto, è rappresentata dall’isolamento.

Sono forme di isolamento: chiudersi nella propria stanza a riflettere, rimanere in disparte ad una festa, passeggiare in mezzo alla folla, sognare ad occhi aperti.

Per certi aspetti l’isolamento è un comportamento sano e normale.

Spesso ci può capitare di ricercare situazioni in cui possiamo stare soli con i nostri pensieri, per raccogliere le idee o per riflettere sulle nostre esperienze, sui nostri bisogni, sulle nostre emozioni.

Alcuni individui evitano l’isolamento perché hanno paura di entrare in contatto con se stessi, altri passano molto tempo nell’isolamento perché temono di stare con gli altri.

Chi passa molto tempo isolato può, a causa della mancanza di riconoscimento e di confronto, cadere in depressione o credere reali le proprie fantasie e sensazioni.

Altra modalità di strutturazione del tempo è rappresentata dai rituali. Il rituale è uno scambio di riconoscimenti “sicuro e prevedibile in cui le persone si comportano, le une verso le altre, in modo fisso”.

I rituali possono essere semplici e brevi, come uno scambio stereotipato di saluti (“Ciao, come stai…”), o lunghi e complessi come le cerimonie religiose.

Si dice che una persona è impegnata in un passatempo quando gli scambi che ha con gli altri non hanno lo scopo di raggiungere un fine preciso, ma piuttosto di “parlare di qualcosa”. Per esempio, discutere sui disservizi dei trasporti pubblici e della sanità, senza nessun interesse ad intraprendere una strada per risolvere il problema, rappresenta un passatempo.

I passatempi, proteggendo dal rischio del coinvolgimento emotivo, possono fornire una notevole quantità di riconoscimenti interpersonali.

Le persone sono impegnate in attività quando le loro energie sono dirette verso fonti esterne, come oggetti, compiti, idee. Gli hobbies, i servizi domestici, il lavoro, rappresentano alcune delle forme di attività.

Queste consentono di ricevere un grande numero di “carezze” (riconoscimenti) in vari modi.

Le attività possono rappresentare una buona base per attivare altre forme di strutturazione del tempo, come ad esempio l’intimità, che vedremo più avanti, o i passatempi.

Esistono poi degli individui che trascorrono gran parte del loro tempo impegnati nel lavoro, tanto da non permettersi di entrare veramente in contatto con i propri sentimenti o di condividere l’intimità ed il divertimento con gli altri. L’idea che queste persone hanno è quella di sentirsi “OK” solo quando producono qualcosa, e di conseguenza essi tenderanno a focalizzarsi, nei rapporti con gli altri, più sul fare che sull’essere, con notevoli svantaggi sulla qualità della comunicazione interpersonale.

Esistono poi delle modalità di strutturare il tempo che prendono il nome di giochi. Nel quadro di riferimento dell’Analisi Transazionale, i giochi possono essere definiti come “delle provocazioni palesi, a volte apparentemente innocenti, ma sempre rivolte ad ottenere da un interlocutore risposte congeniali a qualche obiettivo personale, spesso non chiaro neanche al giocatore”.

Facciamo un semplice esempio: un ragazzo adolescente durante l’ora di matematica, invece di prestare attenzione alle parole dell’insegnante, si mostra particolarmente interessante al proprio zaino. Lo apre, ci guarda dentro, tira fuori delle cose, aggiusta la tracolla… La sua provocazione (palese) è rivolta all’insegnante, ma l’intento (inconscio) è quello di attirare, tramite il prevedibile rimprovero del professore, l’attenzione dell’intera classe. Perché?

Di cosa ha bisogno? Che significato può avere tutto ciò?

Per ciascuno di noi l’essere riconosciuti dagli altri è vitale per il nostro esistere e, quando non riusciamo o non sappiamo procurarci carezze positive, anche quelle negative possono andar bene per darci il senso di “essere visibili” agli occhi del prossimo.

E’ chiaro come chi passa molto del suo tempo impegnato in giochi abbia seri problemi relazionali e molta paura dell’intimità, perché il gioco è un modo contorto di ottenere vicinanza e contatto interpersonale.

L’ultimo modo di strutturare il tempo è rappresentato dall’intimità. Essa comprende il condividere sentimenti, pensieri, esperienze in maniera sincera, aperta e fiduciosa e può essere fisica o emotiva, piacevole o spiacevole, reale o immaginaria.

L’intimità è la modalità di strutturazione del tempo che è contemporaneamente più rischiosa e vantaggiosa rispetto alle altre.

Vantaggiosa perché, chiaramente, consente di ottenere un gran numero di riconoscimenti, rischiosa perché comunque l’essere autentici, aperti e spontanei ci rende anche più vulnerabili ad eventuali attacchi, critiche ed incomprensioni da parte degli altri. Più impareremo ad avere un’autostima  nei nostri confronti (cioè a sentirci “OK” per come siamo) ed a ritenere gli altri “OK” per quello che sono, maggiore sarà la volontà di assumere il rischio dell’intimità.

Non esiste un modo giusto o sbagliato di strutturare il tempo. Chiediamoci, però, quali siano le modalità che più frequentemente usiamo e se ci consentono di ottenere o no quello che desideriamo realmente.

Ricordiamoci che l’abitudine e la prevedibilità di certe modalità comportamentali possono essere certamente rassicuranti, ma a quale prezzo? Non è mai troppo tardi per cambiare e provare nuovi modi: probabilmente, insieme alla paura del rischio che il cambiamento comporta, potremo sperimentare cose nuove per noi, potenzialità non conosciute, rapporti significativi ed energizzanti. E se crediamo di non potercela fare completamente da soli, permettiamoci di chiedere aiuto.

Questo non toglierà niente alle nostre capacità personali, anzi, ci consentirà di crescere prima di tutto nel rapporto con noi stessi.

Dott.ssa Laura Bonanni
Psicologa Psicoterapeuta a Roma (RM)


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Dott.ssa Laura Bonanni

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